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SCOPRI PARTENZELe birre dell’Oktoberfest, servite nei 16 giorni di festa appartengono alla varietà di birra chiamata Märzen. Più forte e più scura della birra tradizionale, la birra Märzen può contenere fino al 6% di alcol, è a bassa fermentazione, ed è lagered per almeno 30 giorni. Da ancor prima dell’avvento delle moderne tecniche di refrigerazione, questo tipo di birra era prodotta in marzo (come suggerisce in maniera inequivocabile il nome) e ciò ne rende quindi possibile il consumo alla fine dell’estate o a inizio autunno. Come tutte le birre tedesche, la birra dell’Oktoberfest è prodotta secondo rigorosi standard tedeschi, sanciti da un editto chiamato Reinheitsgebot e in vigore dal 1516 che ne definisce con precisione i quattro ingredienti consentiti nella fabbricazione della birra: orzo, luppolo, malto e lievito.
A sole 6 fabbriche di birra di Monaco di Baviera – Augustiner, Hacker-Pschorr, Hofbräu, Löwenbräu, Paulaner, Spaten, che si attengono ai processi produttivi consentiti e che rispondono al requisito più importante, e cioè essere di Monaco, è permesso servire la birra durante l’Oktoberfest. Queste sono le 6 magnifiche grandi birrerie di Monaco. Tra stand grandi e piccoli, per un totale di 35 tendoni ci sono posti a sedere per 98.022 visitatori alla volta. La birra è servita nel Maß, un boccale da un litro, il cui costo è di circa 13 euro. Cameriere e camerieri devono essere in grado di trasportare 10 di questi boccali di birra riempita in un momento.
La Germania non solo può vantare il primato di avere più fabbriche di birra di ogni altra nazione, ma addirittura pareggia il numero di tutte le altre nazioni messe insieme.
La Germania raggiunse questa incredibile supremazia anche grazie alla sua posizione geografica strategica con il suo clima particolarmente adatto alla coltivazione dell’orzo. Così come l’area più calda dell’Europa meridionale è ideale per la coltivazione della vite, così l’Europa Settentrionale è luogo ideale per la produzione di birra. I popoli germanici dell’Europa Settentrionale sono stati produttori di birra almeno fino dall’Epoca Romana, e la birra rimane senza dubbio la bevanda nazionale del paese nonostante la fama che godono i vini del Reno e della Mosella.
La birra in Germania raggiunge un’importanza tale già nel Medioevo, da richiedere la promulgazione di leggi che ne determino ingredienti e modalità di produzione, per garantirne un elevato standard qualitativo. E’ così quindi che in Baviera nel 1516, viene promulgato il Reinheitsgebot, l’editto della purezza, viene ancor oggi applicato in maniera rigida in tutta la Germania a tutte le birre di consumo, siano esse prodotte localmente o importate. Un elemento fondamentale che introduce questa legge i soli ingredienti ammessi sono acqua, orzo ( o frumento nel caso delle birre speciali ), luppoli e lievito. L’uso di cereali meno tradizionali come il mais e il riso non è consentito. Né lo è lo zucchero; gli additivi sono messi al bando. In Baviera la legge è valida, nella sua totalità, anche per le birre d’esportazione mentre in alcuni Lander si fanno eccezioni di questo o quel tipo. Non tutti i birrai ne approfittano, ma anche quelli che operano qualche variante ai loro prodotti d’esportazione riescono in molti casi a produrre birre di qualità superiore a quelle ampiamente diffuse altrove. I fabbricanti tedeschi non pastorizzano neppure le loro birre in bottiglia, se intese per uso locale, e molti evitano di farlo anche per i prodotti di esportazione.
Monaco di Baviera è considerata la “città della birra” per eccellenza e non solo in Germania. Con il passare dei secoli molte innovazioni tecnologiche hanno permesso la fabbricazione a livello industriale di birra. La birra più popolare di Monaco di Baviera è la Helles che in tedesco significa appunta “chiara”, è molto pallida, anch’essa a bassa fermentazione, quindi lager, ma più maltata rispetto alle pils, potrebbe essere comparata ad una light mild. La Pils è presente, ma non domina come fa nella maggior parte di Germania. Da non dimenticare la Dunkle, la birra scura ugualmente tipica di Monaco e della Baviera.
Bevanda a basso tenore alcolico, frizzante e schiumosa, di sapore amarognolo e colore variante dal biondo al rosso allo scuro, ottenuta dalla fermentazione del malto d’orzo (o di altri cereali quali riso, grano e mais) e aromatizzata con luppolo. Possono essere considerate bevande analoghe alla birra la chica di mais messicana, il sakè giapponese ricavato dal riso e il kvas russo ottenuto in origine dalla fermentazione del pane di segale. La birra fu la prima bevanda fermentata entrata nell’alimentazione umana, poiché si ritiene che la scoperta dei processi di saccarificazione dei cereali risalga a circa 5000 anni prima di Cristo.
Le prime testimonianze sulla produzione e il consumo di birra provengono dalla Mesopotamia e la sua diffusione è accertata già in epoca pre-romana in tutte quelle zone dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa mediterranea nelle quali non era coltivata la vite. I Sumeri e gli assiro-babilonesi ne regolamentarono il consumo per legge (codice di Hammurabi), ne affidarono la produzione a una corporazione specializzata di artigiani e la considerarono, più che una bevanda, un nutrimento, tanto da inserirla nel salario dei lavoratori.
In Egitto, in Palestina, in Macedonia, oltre che nei paesi dell’Europa del nord, la birra fu associata a pratiche religiose e rituali: veniva bevuta durante i funerali in onore delle virtù del defunto e offerta in sacrificio alle divinità (Ishtar in Assiria, Thot in Egitto, Gambrinus nelle regioni nordiche). I romani non furono grandi bevitori di birra, anzi l’avvertirono come un elemento della cultura delle popolazioni barbare stanziate alla periferia dell’impero, e quindi estraneo a loro. Furono proprio le migrazioni di quei popoli a diffondere in ogni angolo d’Europa l’uso della birra, di cui i monaci cristiani perfezionarono già prima del Mille, nelle cantine dei monasteri, le tecniche di fabbricazione.
Soprattutto in Francia e in Germania, nei secoli successivi, interventi legislativi mirarono a uniformare i criteri di fabbricazione, di conservazione e di commercio della birra. L’impiego del luppolo come aromatizzante fu introdotto in Germania nel 1275; nel 1487 fu promulgato da Alberto IV di Baviera il decreto sulla genuinità della birra convertito poi in legge generale da Guglielmo II (1516). Questa legge (Reinheitsgebot, legge della purezza) imponeva la produzione della birra mediante malto di orzo, luppolo, lievito e acqua, vietando ogni altro ingrediente. A partire dal XVIII secolo, con l’introduzione di perfezionamenti tecnici riguardanti la qualità dei lieviti, si consolidò in Europa la supremazia dei maestri birrai tedeschi (Monaco e Dortmund); in Germania venne anche messo a punto, nella seconda metà del XIX secolo, il ciclo produttivo della birra a bassa fermentazione (in cui il mosto raggiunge la temperatura di 4-6°) che divenne il più usato nell’Europa continentale e nel mondo, mentre l’antico sistema ad alta fermentazione (mosto da 15 a 20°) permaneva in Gran Bretagna. In Italia fino alla metà dell’Ottocento si consumarono modeste quantità di birra, prevalentemente di importazione e solo nelle regioni alpine. La prima fabbrica italiana fu creata a Brescia nel 1828 da Frank Xavier Wührer e con il consumo crebbe nel Novecento un’industria birraria sviluppata ma non ancora competitiva a livello europeo.
Due sono le qualità che hanno da sempre contraddistinto la storia della birra nei secoli: la sua presenza pressoché universale e la sua popolarità in ogni ceto sociale. Nel primo caso si può infatti affermare che laddove ci sia stata la coltivazione dei cereali, si è verificata anche la produzione della birra.
La seconda asserzione invece è avvallata da innumerevoli testimonianze storiche. Non si sa con esattezza dove sia nata la prima birra: c’è chi parla di Mesopotamia, chi di Egitto, chi di isole Orcadi, chi addirittura di Malta. Ma noi crediamo che ciò non sia importante, poiché è assai verosimile che il fenomeno della fermentazione sia stato scoperto casualmente in diverse parti del mondo più o meno nello stesso periodo. Differenti però sono stati i modi di sviluppare la bevanda. La Mesopotamia per esempio è stata la terra che per prima ha visto sorgere la professione del birraio, cosa che in altre società meno organizzate sarebbe stata impossibile. Il prodotto delle sue fatiche rappresentava una quota della retribuzione dei lavoratori, che dunque veniva corrisposta in birra. Ma, si badi bene, non una birra, ma svariate tipologie, poiché già in quel periodo si distinguevano birre scure, chiare, rosse, forti, dolci e aromatiche. Inoltre si usavano nomi diversi per indicare birre prodotte con cereali differenti: le sikaru erano d’orzo, le Kurunnu di spelta.
Pare che fossero addirittura venti le qualità di birra disponibili sul mercato di Babilonia, la più ricca città dell’antica Mesopotamia, anche se quelle più diffuse erano quattro: una comune birra d’orzo (bi-se-bar), una birra scura normale (bi-gig) e una birra scura di elevata qualità (bi-gig-dug-ga). La birra aveva anche un significato religioso e rituale, infatti veniva bevuta durante i funerali per celebrare le virtù del defunto e veniva offerta alla divinità per garantire un tranquillo riposo al trapassato.
Si dice che la dea della vita Ishtar, divinità di primissimo piano nel pantheon assiro-babilonese, traesse la sua potenza dalla birra, che nemmeno il dio del fuoco Nusku poteva estinguere.
Analoga importanza aveva la birra in Antico Egitto. Fin dall’infanzia si abituavano i sudditi dei faraoni a bere questa bevanda, considerata anche alimento e medicina. I bambini inoltre facevano sacrifici di birra, frutta e focacce al dio della scrittura Thout, mentre bevevano una ciotola di birra, dopo essersene bagnati gli occhi i la bocca che venivano tenuti chiusi.
Anche le donne incinte ricorrevano alla birra per offrire libagioni alla dea Ernenunet, che avrebbe provvisto di abbondante latte le nutrici. Interessante anche l’uso di somministrare ai bambini birra a bassa gradazione o diluita con acqua e miele durante lo svezzamento, quando le madri non avevano latte.
Gli Egizi usavano, come nel caso dei Babilonesi, la birra per scopi propiziatori e sono innumerevoli le divinità che ebbero a che fare con questa bevanda. In una cosa erano diversi Egizi e Babilonesi: per i primi la birra era una vera e propria industria statale, per i secondi invece si trattava di un semplice prodotto artigianale. I faraoni stessi possedevano fabbriche di birra e in un’iscrizione funebre su una tomba reale è stata trovata questa testimonianza: “Io ero uno che produceva orzo”. E dall’orzo alla birra il passo era (e continua a essere) assai breve.
Di birra si parla anche nei sacri libri del popolo ebraico, come il biblico Deteronomio e il Talmud e nella festa degli Azzimi, che ricorda la fuga dall’Egitto, si mangia per sette giorni il pane senza lievito e si beveva birra. Inoltre questa bevanda è regina durante l’annuale festività del Purim, considerata la più popolare dagli ebrei.
La Grecia, Paese enonico per eccellenza, non produceva birra, però ne consumava parecchia, soprattutto in occasione delle feste in onore di Demetra, dea delle messi, tra le quali ovviamente non poteva mancare l’orzo. Si trattava di prodotti d’importazione, per lo più fenici, ma anche durante lo svolgimento dei giochi olimpici non era ammesso il vino, per cui la bevanda alcolica per eccellenza di questa prima grande manifestazione sportiva, era la birra.
Etruschi e Romani facevano anch’essi parte del “club del vino”, ma alcuni ragguardevoli personaggi della loro società diventarono accaniti sostenitori della birra, come ad esempio Agricola, governatore della Britannia, che una volta tornato a Roma nell’83 dopo Cristo si portò tre mastrobirrai da Glevum (l’odierna Gloucester) e aprì il primo pub della nostra Penisola.
Tra i cosiddetti popoli barbarici si trovavano i più strenui tracannatori di birra, i Germani e i Celti. I primi organizzavano feste che in realtà erano scuse per sbornie colossali, come ad esempio la Wappentanz, una crudele danza delle spade dedicata al bellicoso dio Thyr, al termine della quale i sopravvissuti si dedicavano ad abbondanti libagioni.
I Celti si erano stanziati principalmente in Gallia e in Britannia, ma la loro straordinaria civiltà, bagnata di birra fin dai primordi, venne sviluppata principalmente nella verde Irlanda. Infatti la nascita del popolo irlandese è dovuta, seconda una birrosa leggenda, ai Fomoriani, creature mostruose dal becco aguzzo e dalle gambe umanoidi, che avevano la potenza e l’immortalità grazie al segreto della fabbricazione della birra, che fu loro sottratto dall’eroe di Mag Meld, una specie di Promoteo irlandese.
Il Medioevo vide la birra protagonista soprattutto per merito dei monasteri, che operarono un decisivo salto di qualità nella produzione della bevanda introducendo anche alcuni nuovi ingredienti, tra i quali il luppolo. A questo proposito va detto che in tempi più remoti per l’aromatizzazione della birra si usavano svariati tipi di erbe, spezie o bacche, oppure si ricorreva addirittura a misture vegetali, la più famosa delle quali era il gruit.
Anche le suore avevano tra i loro compiti manuali quello di fabbricare la birra, che in parte destinavano al consumo dei malati e dei pellegrini. Per rimanere in tema, è stato tramandato che papa Gregorio Magno abbia girato ai poveri una donazione in birra della regina longobarda Teodolinda.
Anche in Gran Bretagna la birra, chiamata ale, venne usata nelle feste come Church-Ale, prodotta dalle massaie inglesi e messa a disposizione delle feste parrocchiali, dove veniva venduta e il ricavato era un contributo per la manutenzione di chiese e conventi britannici. In Inghilterra la birra diventò bevanda nazionale in quanto l’acqua usata per la sua produzione veniva bollita e sterilizzata. Ciò rappresentava un garanzia in un periodo in cui l’acqua era spesso infetta. Soltanto dopo il Rinascimento questa piaga cessò. Una curiosità: in Inghilterra il luppolo venne introdotto assai tardi nella birra nazionale, che continuò a chiamarsi ale, in contrapposizione dei prodotti continentali luppolati, detti beer.
Nei tre secoli dopo la scoperta dell’America in tutta l’Europa andarono sviluppandosi numerose tipologie birrarie, tutte basate sull’unico sistema di fermentazione allora conosciuto, la alta.
Verso la metà del secolo scorso però furono eseguiti studi specifici sul lievito e il loro risultato fu la produzione della birra a bassa fermentazione, che oggi è di gran lunga il più praticato nel mondo. Esso si giova di temperature più basse per fermentare, quindi usa impianti produttivi tecnologicamente assai più avanzati che in passato. Infine viene usato un lievito diverso rispetto alle birre tradizionali, il cosiddetto Saccharomyces carlsbergensis, che prende il nome dalla birreria danese che per prima ne isolò il ceppo.
Oggi, nonostante le birre a bassa fermentazione siano sicuramente le più bevute, va notato che esiste anche una controtendenza di nicchie di mercato che ricercano le birre tradizionali, le cui ricette si perdono nella notte dei tempi.